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Che nel Regno Unito il fenomeno dei transkids fosse in forte ascesa era noto. Gli ultimi dati forniti, tuttavia, rivelano un vero e proprio boom per una tendenza che rischia di diventare di massa. Secondo dati riportati dal Sun, i minori di 16 anni che hanno chiesto il cambio di sesso sono passati dai 2 al mese di qualche anno fa ai 7-10 a settimana, quindi, almeno uno al giorno.
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Dati che, tuttavia, non sembrano turbare affatto il premier Theresa May, dichiaratasi più che mai «intenzionata a sradicare il bullismo omofobo e transfobico». «Abbiamo elaborato piani per riformare la legge sul riconoscimento di genere, snellire e demedicalizzare il processo per cambiare sesso, perché essere trans non è una malattia e non dovrebbe essere trattata come tale», ha aggiunto la May.
Ben più critico il commento dell’ex consigliere del Dipartimento per l’Istruzione, Chris McGovern, che ha dichiarato al Telegraph: «Le persone si stanno costruendo una carriera nell’incoraggiare i bambini a mettere in discussione l’identità di genere, in un’età in cui i bambini hanno bisogno di essere lasciati bambini. Quando gli insegnanti sollevano questi problemi, i bambini possono diventare confusi o infelici, traumatizzati dal gender».
Dall’altra parte dell’oceano, la tendenza non è troppo diversa. Secondo un sondaggio dei primi mesi del 2017, negli Usa, gli adolescenti dai 13 ai 17 anni che si identificano come transgender sarebbero stimati sui 149.750, quindi lo 0,7% di quella fascia d’età.
Una percentuale quasi insignificante, se paragonata a quella riferita, sempre due anni fa, dalla Gay and Lesbian Alliance Against Defamation (da prendere quindi assolutamente con le molle, essendo il sondaggio stato condotto, oltretutto, su un campione di 2037 intervistati): il 20% dei giovani tra i 18 e i 34 anni si identifica come Lgbt (di cui i transgender sono soltanto una sottocategoria), a fronte del 12% di sedicenti Lgbt sulla popolazione totale.
Luca Marcolivio
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